Il Comitato Vincitori Non Assunti ICE (Istituto nazionale per il Commercio Estero) nasce con l’obiettivo di favorire e sostenere l’assunzione dei vincitori al concorso per esami a 107 posti, la cui graduatoria definitiva è già stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale.
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IMPRESE: SINDACATI ICE, NO ALLA SPA PER L'INTERNAZIONALIZZAZIONE

(AGENPARL) - Roma, 22 set - "È ormai chiaro a tutti, dopo due mesi e mezzo dall’entrata in vigore del decreto di soppressione dell’ICE (Istituto nazionale per il Commercio Estero), che una decisione così avventata ed irresponsabile - dettata unicamente da motivi personalistici e priva di visione strategica in questo difficile attuale contesto - ha recato un danno incalcolabile al Sistema Italia che vede in questo momento nell’export una delle poche soluzioni all’aggravarsi della crisi economica. Le energiche dichiarazioni di esponenti del mondo imprenditoriale, che a vari livelli ed in varie forme hanno criticato l’inspiegabile decisione, e, non ultimo, l’allontanamento dal Ministero di uno dei più stretti collaboratori del Ministro Romani, avvenuto – pare – proprio a seguito degli effetti imprevisti della soppressione dell’ICE, confermano il colossale errore commesso dal Governo con la L. 111/11 ed impongono un’immediata correzione del provvedimento, volta a riattivare le strutture e le procedure dell’ICE, unica vera soluzione per ripristinare immediatamente l’operatività del sistema di supporto pubblico all’internazionalizzazione. Non vorremmo che, per quanto riguarda l’ICE, si prendano invece provvedimenti che, al posto di restituire all’Ente la piena operatività, finiscano per determinare una soluzione, se possibile, ancora peggiore della situazione attuale. Sarebbe questo il caso della trasformazione dell’Istituto, ente pubblico non economico, in società per azioni". Lo affermano in una nota le organizzazioni sindacali dei lavoratori dell'Ice, Cgil, Uil, Cisal/Fialp.

"Una soluzione - spiegano - che risulta ventilata in ambienti del Ministero dello Sviluppo Economico e che, oltre ai molti e complessi aspetti tecnici che tale eventuale trasformazione determinerebbe, presenta serie incongruità data la natura pubblica che l’attività di sostegno all’internazionalizzazione delle imprese riveste. La promozione del sistema paese è un servizio di interesse generale e come tale e' di primario interesse dello Stato che pertanto deve gestirlo, controllarlo e finanziarlo. Una società di questo tipo, inoltre, seppure con capitale interamente o a maggioranza detenuto dallo Stato, non potrebbe autofinanziarsi in quanto, come noto, i fondi destinati a favorire l’internazionalizzazione del Sistema Paese si configurano più come investimenti allo sviluppo che non come attività commerciale suscettibile di generare profitti. Il problema di una privatizzazione non risiede nella sottoscrizione del capitale sociale, ma nella copertura delle spese correnti dell’Ente, che sarebbe velleitario pensare di ottenere attraverso la vendita di servizi informativi, di assistenza e promozionali. Una Trade Promotion Organization ha costi inevitabilmente alti e non e' in grado di autofinanziarsi perche', se deve agire al servizio del Paese e non delle singole imprese, non puo' scegliere autonomamente la propria clientela, deve anzi erogare gratuitamente taluni servizi, gratuitamente produrre informazione e svolgere una vasta tipologia di attività delegate dallo Stato, molte delle quali non sono suscettibili di produrre alcun introito. Una SpA per l’export promotion, sia pur detenuta al 100% dallo Stato, avrebbe dunque il problema del reperimento di fondi per la sua sopravvivenza, stante la natura stessa dei compiti svolti e la struttura necessaria, a cominciare dalla rete di Uffici all’estero. La gestione operativa della società (costo del personale, delle strutture logistiche in Italia ed all’estero e costi per l’attività corrente), dovrebbe essere quindi finanziata dai soci e, stante l’impossibilità di raggiungere un equilibrio finanziario,richiederebbe ricapitalizzazioni annuali certe per garantire il normale funzionamento della struttura. Che garanzia esiste che i soci, Stato incluso, vista la situazione delle sue casse, siano disponibili a finanziare ogni anno con alcune decine di milioni di euro un soggetto privato? E sarebbe un simile aiuto ad una SpA compatibile con le norme UE sulla concorrenza? Si porrebbe inoltre il grave problema rappresentato dallo status degli uffici o delle sezioni della società all’estero che non verrebbero più riconosciute come entità governative e quindi sarebbero soggette, al pagamento di tutte le imposte dirette e indirette (sia per il funzionamento che per le attivita’ progettuali condotte) vigenti nei Paesi di operazione, incluse quelle sui redditi prodotti in loco e sull’indennità estera dei dipendenti di ruolo. In alcuni paesi, peraltro, sarebbe addirittura di difficile costituzione la struttura stessa dell’ufficio. Inevitabile sarebbe dunque, senza possibilità di smentita, un forte aggravio dei costi di gestione, quantificabile in decine di milioni di euro annui, con parallela cancellazione dei positivi risultati ottenuti a seguito della Convenzione ICE/MAE/ MISE del 2004. Infatti, proprio grazie a questa Convenzione, la maggior parte degli uffici ICE all’estero hanno potuto essere riconosciuti come Sezioni per la promozione degli scambi delle Ambasciate o dei Consolati e, quindi, esentati dal pagamento di imposte e tasse. E’ lecito domandarsi se sia proprio così difficile riattivare prima l’operatività dell’ICE, che rappresenterebbe la soluzione più rapida, garantendo in questo modo un’immediata ripresa dell’attività di promozione all’estero, e poi magari costituire un’agenzia governativa per l’internazionalizzazione sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio, che, pur mantenendo la natura di Ente Pubblico non Economico, potrebbe comunque assumere una struttura piu’ razionale e flessibile e delle procedure più snelle rispetto al vecchio ICE. Auspichiamo quindi che il Ministro Romani, prima di assumere eventuali decisioni che potrebbero non andare nella direzione auspicata da aziende, associazioni industriali ed artigiane ed Enti locali, ricerchi, anche insieme alle parti sociali, soluzioni veramente efficienti, in grado di restituire al sistema pubblico di supporto all’internazionalizzazione l’efficacia e l’operatività perdute con la soppressione dell’ICE".

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