Il Comitato Vincitori Non Assunti ICE (Istituto nazionale per il Commercio Estero) nasce con l’obiettivo di favorire e sostenere l’assunzione dei vincitori al concorso per esami a 107 posti, la cui graduatoria definitiva è già stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale.
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Il dibattito sulla manovra in senato

Qui di seguito la trascrizione dell'intervento del Senatore Fantetti (gruppo Misto) sulla manovra. Il senatore cita espressamente noi vincitori del concorso ICE.

FANTETTI (Misto). Illustre Presidente, egregi membri del Governo, onorevoli colleghi, prendo la parola quale rappresentante eletto - con oltre 20.000 preferenze nominali - nella ripartizione Europa della circoscrizione estero per conto della lista «Berlusconi Presidente», nonché come delegato al congresso fondativo del Popolo della Libertà e come iscritto al partito, per confermare il sostegno parlamentare alla manovra in esame.
La crisi nasce dalla "finanziarizzazione dell'economia reale", fenomeno da noi denunciato in tempi non sospetti, ovvero già agli inizi di questo decennio, dalle colonne del «Pensiero londinese», il giornale della nuova emigrazione professionale di stanza a Londra. Le dinamiche globalizzate sulle quali le grandi banche d'affari della city facevano leva per attività di trading e di merchant banking evolvevano già allora con una velocità e complessità tecnica assolutamente superiori rispetto alle cornici regolamentari entro le quali avrebbero dovuto essere limitate.
La politica occidentale ignorava, più o meno consapevolmente, il pericolo e devolveva all'auto-regolamentazione, con l'auspicio che la «mano invisibile» del mercato supplisse in modo più efficiente alla mancanza di controlli efficaci. Fiumi di denaro finanziario scardinavano i precedenti argini normativi e "illudevano" legioni di amministratori, sia pubblici che privati, ignari delle conseguenze sociali delle loro adesioni alle proposte perfettamente presentate da alcuni banchieri.
Il risultato sull'economia reale è stato devastante, specie in termini occupazionali. Fondamentali sono stati gli strumenti, quali la CIG ordinaria e straordinaria, utilizzati dal Governo per garantire la tenuta sociale del sistema Italia. Anche questa manovra va nella direzione di una opportuna revisione della spesa e di un raccordo più coerente con la situazione debitoria del nostro Paese sui mercati internazionali e, dunque, va sostenuta con convinzione, per scongiurare punizioni ancora più inique da parte degli speculatori internazionali. Sarà però compito non più procrastinabile del legislatore (sulla scia di quanto stanno facendo i colleghi parlamentari statunitensi e tedeschi, i primi a reagire concretamente) rimettere presto mano alla regolamentazione del settore finanziario, al fine di ricondurlo alla sua propria funzione di supporto all'economia e agli scambi, per non trovarsi di nuovo a breve nella paradossale ed immorale situazione - registrata in particolare nel Regno Unito - di dover salvare i colpevoli con soldi pubblici, per ritrovarli intenti negli stessi perversi (ma per loro lucrativi) esercizi solo qualche mese dopo.
Come emigrato all'estero (dal 1992) e come più giovane senatore della maggioranza, non posso peraltro non cogliere questa (rara) occasione per segnalare una forte anomalia del sistema Italia, che purtroppo anche questa manovra non sembra tenere in debita considerazione e/o correggere. Mi riferisco naturalmente alla cosiddetta «emergenza occupazionale giovani» e al fenomeno direttamente collegato della "fuga dei talenti" (secondo una felice espressione di Sergio Nava). In Italia è in atto un peggioramento consistente della condizione della fascia giovanile della popolazione, cioè delle persone con età compresa tra 18 e 29 anni. Il tasso di occupazione giovanile è sceso al 44 per cento, con una caduta tre volte superiore a quella subita dal tasso di occupazione totale. Una flessione, quella dell'occupazione giovanile, particolarmente brusca e repentina. E non c'è preparazione che tenga: nessun titolo di studio è stato in grado di proteggere i giovani dall'impatto della crisi. In particolare, i figli che vivono nella famiglia di origine, spesso impegnati in lavori temporanei e con bassi profili professionali all'inizio della loro carriera lavorativa, sono arrivati a rappresentare il gruppo più colpito dal calo dell'occupazione (meno 332.000 unità, secondo i dati ISTAT 2010).
Nel 2003 la permanenza a casa era frutto di una libera scelta; adesso la prolungata convivenza dei figli con i genitori dipende soprattutto dai problemi economici. Per definirli è stato coniato il termine NEET: not in education, employment or training (non lavorano, non studiano, non si formano). I NEET nel 2009 sono arrivati a oltre due milioni, il 21,2 per cento del range tra i 15 ed i 29 anni. Il fenomeno mi tocca direttamente, oltre che per la giovane età, soprattutto per il fatto che molti giovani sono costretti dalla situazione sopra menzionata ad emigrare: oltre 40.000 l'anno, una vera e propria fuga di talenti.
Quello che si vuole qui mettere in evidenza, però, è che le attuali generazioni di giovani italiani si trovano, senza colpe e loro malgrado, a dover scontare gli effetti concomitanti di diverse patologie della moderna società italiana. Tra queste vi sono, per sommi capi: il debito pubblico, la gerontocrazia, il sistema previdenziale e pensionistico, la mancanza di meritocrazia ed il dualismo del mercato del lavoro.
Il debito pubblico, in particolare, accumulato dalle generazioni immediatamente precedenti, ha toccato il record di 1.827 miliardi e graverà sempre di più sulle nuove generazioni, penalizzando in modo inaccettabile i giovani italiani: è la prima volta che accade nella storia del nostro Paese. Viene minata la correttezza del rapporto intergenerazionale ed il principio giuridico e morale secondo il quale è tenuto a pagare il debito il soggetto che lo ha contratto. Per mancanza di tempo, deposito agli atti il documento più elaborato nel quale vengono identificate alcune proposte legislative ed esecutive concrete per affrontare l'emergenza giovani sopramenzionata.
Concludo ribadendo che nel nostro Paese è da tempo in atto uno scollamento generazionale a totale sfavore dei giovani e ciò avviene in vari campi (sociale, occupazionale, previdenziale e culturale); è la prima volta che accade nella storia della nostra Repubblica e non è giusto, né previdente; ciò si verifica per un deficit di rappresentanza (che è anch'esso parte del problema) facilmente verificabile, ma non per questo accettabile.
Questi giovani, improvvidamente definiti bamboccioni, non hanno le possibilità che avevano i loro genitori, anzi devono pagare i loro debiti, sogneranno solo le loro pensioni e per lo più non riescono nemmeno a lavorare e mettere su famiglia perché il sistema è contro di loro. Addirittura, fanno concorsi durissimi e dopo non vengono assunti, come nel caso dei 107 dichiarati vincitori di concorso all'Istituto nazionale per il commercio estero (ICE), selezionati in 18 mesi tra 15.000 candidati, che non vengono assunti, o come altri nella stessa situazione all'INPS). Quali prospettive si prevedono per questi giovani?
Molti, troppi, sono costretti ad emigrare e per loro la strada del ritorno è stata finora impossibile. È vero che la Camera dei Deputati ha recentemente approvato in modo bipartisan il disegno di legge sul cosiddetto controesodo. Si tratta in realtà della versione italiana della cosiddetta legge Beckham, adottata già diversi anni fa con successo dalla Spagna. È un primo passo e c'è da augurarsi che anche il Senato possa presto approvare tale provvedimento, ma non è certamente sufficiente.
Un Governo, eletto anche col concorso dalla maggior parte degli italiani residenti all'estero che mi onoro di rappresentare, che si impegna efficacemente per la tenuta del sistema Italia e che è chiamato dagli Italiani a riformare il Paese, non può, secondo noi, ulteriormente sottovalutare questa emergenza.

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